Stretching: a cosa serve e come si fa

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Tutti conoscono questo termine, ma pochi hanno la consapevolezza del fatto che lo stretching sia ritenuto una forma di esercizio terapeutico. Esso è capace di portare benefici ma, al tempo stesso, può anche essere controindicato se praticato nel modo scorretto.

stretching

“Stretching” è un termine anglosassone utilizzato per definire un insieme di tecniche di allungamento e stiramento muscolare attuate preferibilmente prima e dopo l’attività fisica.

A cosa serve?

Il principio su cui si basa lo stretching è:  migliorare l’ampiezza del movimento, la forza espressa, la coordinazione e il risparmio energetico del corpo lavorando sul miglioramento delle capacità di allungamento e stiramento muscolare.

Lo stretching ha un’azione benefica sul sistema nervoso, cardiovascolare e su quelli muscolare e articolare. Ha il fine di mantenere l’elasticità e la flessibilità muscolare prevenendo così vari tipi di infortuni, quali strappi, stiramenti e così via.

Le principali controindicazioni  riguardano l’evitare di praticarlo dopo aver subito interventi chirurgici o dopo lunghi periodi di inattività o sedentarietà.

Le tipologie

Le tipologie di stretching esistenti sono molte e per certi aspetti fisiologici tutte diverse, ma le principali che possiamo elencare sono:

  • Stretching statico (attivo o passivo) in cui si mantiene una posizione di allungamento da soli (attivo) o aiutati da un’altra persona (passivo); efficace per migliorare i tempi di recupero ma controindicato prima di un allenamento di forza;
  • Stretching dinamico attivo in cui si muove un arto verso la sua completa ampiezza di movimento per più volte di fila; migliora il ROM (range of motion/ampiezza del movimento), ed è prevalentemente utilizzato da atleti;
  • Stretching dinamico balistico che comprende dei rapidi movimenti alternati e “rimbalzanti” a fine ampiezza di movimento;
  • Stretching con pre-contrazione (PNF e altre tecniche) in cui si chiede  la contrazione ad esempio del muscolo agonista (o antagonista); metodo utilizzato da figure professionali come fisioterapisti o osteopati dove viene sollecitato il compartimento neuro-muscolare attraverso la stimolazione dei propriocettori.

Diciamo fin da subito che lo stretching balistico è ad oggi caldamente sconsigliato, mentre le altre tre tipologie vengono alternativamente consigliate in base alle esigenze, agli obiettivi e alla struttura della persona.

In generale è consigliabile utilizzare solo lo stretching statico (abbinato magari prima a qualche ripetizione in dinamico) se non avete la fortuna di essere seguiti da un professionista.

Ovviamente non dimentichiamoci dello stiracchiamento! La semplice abitudine di stiracchiarsi la mattina inarcando la schiena e tirando le braccia per togliersi di dosso la rigidità e il sonno ed essere così pronti ad affrontare una nuova giornata.

Come si fa?

Lo stretching richiede particolare attenzione alla respirazione che dovrà essere lenta, controllata e ritmica, adatta alle posizioni che si assumono e mai in contrasto con quella naturale. E’ necessario inoltre partire con una fase di riscaldamento e poi iniziare gradualmente, passando da una fase di tensione “facile” ad una di “sviluppo” che consenta di aumentare la flessibilità con piacevolezza e senza traumi. Ogni posizione, sia nella prima fase che nella seconda, dovrà essere mantenuta ferma da un minimo di 10 ad un massimo di 30 secondi. Al termine di ogni posizione, la tensione dovrà essere allentata anch’essa con gradualità, evitando movimenti bruschi che potrebbero compromettere la flessibilità acquisita.

Mi raccomando eseguite questi esercizi quando siete ancora belli caldi, mai a freddo!

 

fonte: mypersonaltrainer.it

 

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