Il diabete e la dieta

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diabete-dietaCome abbiamo precedentemente visto, il diabete mellito è una delle malattie metaboliche più diffuse. Si tratta di una patologia cronica che si caratterizza con disfunzioni a livello del metabolismo di carboidrati, proteine e lipidi. Si può, quindi intendere come un disturbo dell’utilizzo del nutriente da parte del corpo, dato da anomalie nella secrezione e/o produzione di insulina. Questo quadro provoca due conseguenze principali:

  1. I nutrienti (glucidi) non possono raggiungere due distretti molto importanti: muscoli e tessuto adiposo. Questi ultimi, a loro volta, sono costretti ad trarre energia da altri tipi di nutrienti.
  2. I glucidi non utilizzati restano a livello sanguigno. In particolare il glucosio aumenta ad un livello tale da non poter essere riassorbito dai reni e quindi viene espulso nelle urine insieme a notevoli quantità d’acqua.


Vi sono diversi tipi di diabete (come abbiamo già visto) che si distinguono principalmente per la diversità della terapia da intraprendere. E’ quindi necessaria una buona diagnostica. Ad esempio il paziente con il diabete di tipo I seguirà prevalentemente una terapia insulinica, mentre quello di tipo II potrebbe seguire una semplice dieta, associata all’insulina (in misura molto inferiore) o ad ipoglicemizzanti.

Attività fisica e diabete

L’attività fisica comporta molti benefici al paziente diabetico per il compenso glicemico, il profilo lipidemico ed il benessere generale. Tutti questi parametri migliorano a fronte di un’attività fisica svolta 3 volte a settimana. Naturalmente è sempre bene fornire il giusto apporto glucidico e nutrizionale al corpo prima di fare attività fisica.

Dietoterapia

Questa si basa sull’interazione tra paziente e medico ed è uno step fondamentale nella terapia diabetica. Per alcuni la dieta e l’attività fisica rappresentano l’unico mezzo efficace contro il diabete, soprattutto di tipo II. La dieta ha lo scopo di:

  • mantenere la glicemia a livelli quasi normali
  • normalizzare l’assetto lipidico
  • stabilizzare il proprio peso corporeo entro certi parametri

Tuttavia questa terapia è molto difficile da attuare, essendo il diabete una malattia molto eterogenea. Infatti la dieta non è standard per tutti ma deve essere modellata sul singolo paziente in modo da ottenere gli obbiettivi prefissati. Inoltre vi sono dei comportamenti sbagliati attuati dai pazienti che possono inficiare la buona riuscita della terapia:

  • un paziente particolarmente emotivo è portato ad iperalimentarsi
  • consumare pasti fuori casa e non controllare il peso e l’apporto calorico degli alimenti
  • rammarico nei confronti dei soggetti non affetti da diabete che spinge i pazienti ad un temporaneo abbandono della dieta
  • mancanza di adeguato sostegno morale da parte dei familiari

D’importanza fondamentale diventa, quindi, il peso corporeo poichè esso condiziona l’insulino-resistenza, il fabbisogno insulinico e l’adeguato apporto calorico. L’ipertrigliceridemia e una bassa colesterolemia HDL sono i principali risultati delle anomalie causate dal diabete di tipo II. Questi costituiscono un fattore di rischio per l’insorgenza di patologie cardiovascolari. Parecchi studi hanno dimostrato che diminuire l’apporto di grassi al 30-35% delle calori totali assunte con la dieta provoca un abbassamento della trigliceridemia. L’apporto di colesterolo, invece, non dovrebbe superare i 300 mg/die. Mentre i carboidrati dovranno mantenersi tra il 55-60% delle calorie totali. Per controllare se la dieta è adeguata al paziente vanno effettuati controlli periodici della glicemia giornaliera, l’ HBA1C (emoglobina glicata), la trigliceridemia e la colesterolemia.

Zuccheri complessi vs zuccheri semplici

La ricerca che si occupa di valutare l’effetto provocato dai carboidrati sulla risposta glicemica, ha dimostrato che vi sono differenze tra i carboidrati. Si riteneva che gli amidi ed i cereali avessero una risposta glicemica inferiore rispetto agli alimenti contenenti zuccheri, come frutta e dolci. E’ stato recentemente dimostrato, invece, che le catene più lunghe di glucosio presenti nei carboidrati complessi (come appunto gli amidi) non comportano necessariamente un picco glicemico inferiore rispetto ai valori riscontrati con gli zuccheri.  Elementi quali la lavorazione, la preparazione e la velocità di digestione influiscono sulla risposta glicemica ad un alimento specifico.

Dal punto di vista clinico, il fattore più importante alla risposta glicemica è il contenuto complessivo di carboidrati presenti nella dieta.

Ne consegue che, stabilita la quantità di carboidratida fornire, questi dovrebbero essere ripartiti fra pasti principali e spuntini, in modo da ottenere risposte glicemiche ottimali. Altro fattore importante sono le fibre, forma non digeribile di carboidrati, che contribuiscono a creare volume e sembrano rallentare la digestione e l’assorbimento dei carboidrati. Le fibre solubili, come quelle ritrovate nella crusca d’avena e nei legumi, possono smorzare la risposta glicemica post-prandiale e ridurre la colesterolemia. Al contrario le fibre non solubili, come quelle di frumento (frutti e vegetali) hanno uno scarso impatto sulla glicemia e sulla colesterolemia, ma hanno una notevole azione sulla motilità intestinale. I pazienti diabetici dovrebbero assumere una quantità giornaliera di fibre che soddisfi o superi la raccomandazione dell’USDA di 25 gr/die.

Infine, per quanto riguarda l’apporto di vitamine e sali minerali, attualmente non vi sono evidenti dimostrazioni di un aumentato fabbisogno. Ma gli antiossidanti, come il beta-carotene, la vitamina E e la vitamina C, sono stati ritenuti potenzialmente utili nel ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e di cataratta.

 

fonte: benessere.com

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